Primo Soccorso

SI SA CHE GIOCARE A SOFTAIR NON E’ PERICOLOSO, BASTA TENERE GLI OCCHIALI PROTETTIVI E SI E’ AL SICURO. RISPETTO AGLI SPORT PIU’ COMUNI IL NOSTRO LO SI PUO’ DEFINIRE DAVVERO INNOCUO! BASTA PENSARE AL CALCIO E CONOSCERETE DI CERTO QUALCUNO CHE SI E’ RIFATTO I LEGAMENTI,SI E’ ROTTO QUALCOSA, HA ROVINATO LE CAVIGLIE, ECC… NON NOMINO SPORT COME LA BOX ECC DOVE IL CONTATTO FISICO E’ NORMALITA’!!! LE INSIDIE DEL NOSTRO SPORT POSSONO ARRIVARE PERO’ DAGLI INSETTI! NULLA DI PARTICOLARE..CORRIAMO GLI STESSI RISCHI DI CHI PASSEGGIA COI FIGLI IN MONTAGNA… CONOSCERLI PERO’ CI AIUTA…

 

 

La pratica del tiro tattico, si svolge per la stragrande maggioranza e in tutte le stagioni, in ambienti boschivi o comunque in scenari naturali che costituiscono  uno degli aspetti affascinanti del nostro sport.

In questi ambienti e in tutte le zone geografiche vivono innumerevoli specie di invertebrati che a volte possono arrecare al softgunner fastidi più o meno gravi.

Il tipo di attività, che ci porta ad avere un contatto molto intimo con il terreno e la vegetazione, aumenta molto la probabilità di venire a contatto diretto con questi animaletti che, disturbati a casa loro, si difendono come possono, pungendo, morsicando, urticando, ecc. Le punture sono perforazioni della pelle a scopo “difensivo”, i morsi hanno invece scopo “alimentare”: è questo il caso degli insetti cosiddetti ematofagi che mordono per poter succhiare il sangue come le zanzare, i tafani, le zecche e le pulci.

Gli insetti possono essere occasionalmente pericolosi e la loro pericolosità viene  spesso sottovalutata.

Le punture o i morsi di alcuni di essi possono essere più o meno dolorosi ed avere anche conseguenze più o meno gravi.

Il dolore si manifesta a causa dell’azione ‘azione di alcune amine, tra cui l’istamina e la dopamina, capaci di modificare l’ampiezza dei vasi sanguigni e per l’azione infiammatoria che ne consegue. In più, le sostanze tossiche che entrano subito in circolo sono fortemente allergizzanti. Costituite in gran parte da enzimi variano da specie a specie, con conseguente diversificazione degli effetti. Perciò si può essere sensibili a certe punture piuttosto che altre ed è sempre bene identificare cosa ci ha punto. Vediamo di capirne la necessità. Quando l’infiammazione sulla parte colpita si estende con gonfiore caldo e dolente per qualche ora o, peggio, quando perdura e peggiora entro le successive 48 ore, sarebbe meglio, da quel momento in poi, stare alla larga dalla particolare specie di insetto che ci ha punto. Le proteine dei vari veleni sono responsabili della più tragica delle conseguenze della reazione allergica, per fortuna abbastanza rara, che prende il nome di shock anafilattico.

Tra le migliaia di specie italiane di Insetti, soltanto una trentina sono da considerarsi davvero a rischio.

Esse riguardano pochi gruppi, tra cui: le Vespe, le Api, le Formiche e gli Scleroderma (Imenotteri), le Mosche, le Zanzare e i Pappataci (Ditteri), i coleotteri e certi bruchi di Farfalle (Lepidotteri). I restanti esseri (non Insetti) relativamente pericolosi sono Zecche e Ragni(Aracnidi), Centopiedi e Scolopendre (Miriapodi) ed anch’essi possono essere relativamente fastidiosi per il softgunner

In questo sezione cercheremo di conoscere meglio questi invertebrati, evidenziando le insidie che celano, il modo di riconoscerli e le pratiche da applicare per risolvere  gli inconvenienti da essi provocati:

TESTI DI PROPRIETA’ DI: Paolo Spaggiari

CALABRONI, VESPE, API, POLISTE CENTOPIEDI E SCOLOPENDRE I PAPPATACI (Flebotomi) GLI SCORPIONI
LE FORMICHE MOSCHE ZANZARE PROCESSIONARIA
PULCI RAGNI ZECCHE COLEOTTERI
SCLERODERMA
COME TRATTARE LE PUNTURE E I MORSI DEGLI INSETTI
SHOCK ANAFILATTICO
COME PROTEGGERSI
REPELLENTI SINTETICI
FITOREPELLENTI

 

 

CALABRONI, VESPE, POLISTE, API

Fra gli insetti che pungono, api e vespe, appartenenti alla famiglia degli Imenotteri, sono i più temuti. Le prime, più docili, pungono solo se provocate, le seconde (più insidiose) anche quando sono semplicemente disturbate mentre ronzano sui fiori, sul cibo o l’immondizia da cui sono attratte.

Le femmine di questi insetti hanno un pungiglione uncinato all’estremità dell’addome, collegato con una piccola sacca interna contenente il veleno. Il pungiglione delle vespe è scarsamente uncinato e consente loro di infliggere più di una puntura quello delle api è invece munito di numerosi uncini che, dopo la puntura, lo ancorano alla pelle della vittima provocando, al distacco, lo strappo di tutto l’apparato addominale dell’insetto e la sua morte. Il pungiglione che resta conficcato nella pelle deve essere rimosso per evitare infezioni dovute all’entrata in circolo di microrganismi, facendo attenzione a non comprimere il sacco e spremere così altro veleno: non tiratelo,  premete invece sulla parte punta con un tubicino qualsiasi (es.refill di biro o cannuccia) facendo attenzione a non toccare i supporti dell’aculeo (tale metodo è indicato anche per estrarre spine vegetali) quindi disinfettate bene la zona interessata; in mancanza del tubicino premete di lato intorno alla sede di inoculo.

Il veleno di questi insetti contiene sostanze irritanti responsabili degli effetti locali, per lo più arrossamento, gonfiore con dolore anche intenso. Il pericolo più grave è rappresentato dalle reazioni allergiche. Mentre nella maggior parte degli adulti sono necessarie più di 100 punture per inoculare una dose letale di veleno, una sola puntura può causare una reazione anafilattica mortale in un individuo ipersensibile. I sintomi che si avvertono sono vampate di calore al volto, orticaria, prurito, difficoltà a respirare (broncospasmo), giramenti di testa (per diminuzione della pressione), sudorazione, pallore, gonfiore (edema) che interessa il volto, gli occhi, la lingua e la laringe e può presentare gradi variabili di gravità con diversa combinazione dei sintomi. L’edema e il prurito sono sintomi importanti perché possono presentarsi precocemente (entro 10-20 minuti dalla puntura) e segnalare l’imminente comparsa di una crisi. E’ importante conoscerne i sintomi premonitori per poter intervenire tempestivamente e raggiungere il più vicino posto di Pronto Soccorso.

Tra le Vespe ricorderemo il più pericoloso degli insetti italiani, il Calabrone (Vespa crabro), il cui veleno anche se quantitativamente minore ricorda quello del cobra. Bisogna identificarlo bene, senza confonderlo con altre specie meno pericolose. Mentre le Api e i Bombi sono ricoperti di pelo, il Calabrone, come tutte le Vespe, e’ liscio. Comunemente viene confuso con una creatura abbastanza innocua, nera, grossa e pelosa, che ronza rumorosamente: la Xilocopa.  Il Calabrone e’ invece in gran parte giallo a bande nere con la testa e il torace rosso cuoio è può raggiungere considerevoli dimensioni (3-4 cm.). Il suo nido ricorda una torta a strati.

Può trovarsi in case disabitate, cavità di rocce, muri o tronchi, in contenitori chiusi.

Una puntura in bocca può facilmente provocare l’occlusione delle vie aeree; in questo frangente recativi immediatamente al più vicino pronto soccorso. Per punture in altre parti del corpo è consigliabile di raffreddare il più possibile la parte (es.con ghiaccio sintetico, acqua fredda, ecc.) per arrestare il gonfiore e la diffusione del veleno.

Se disponibile potete applicare una specifica pomata per punture d’insetto o del Prep, reperibili in farmacia.

Mentre gli Apidi vanno quasi esclusivamente sui fiori alla ricerca del polline, molte Vespe si avvicinano a qualunque sostanza zuccherina o carnea. Tenete presente che i profumi e il sudore  possono irritare le specie più fastidiose.

Tutti gli Imenotteri sono pressoché innocui lontano dal nido e sempre più aggressivi man mano che ci si avvicina ad esso. Naturalmente bisogna sempre evitare di toccarli. Qualora, accidentalmente, ci si rendesse conto di aver disturbato un nido, agite come segue: non gesticolate e non parlate, tenete gli occhi socchiusi; quindi aspettate qualche minuto poi, senza fare gesti bruschi, scostatevi di cinque o sei metri. Quando l’attività della colonia  sembra diminuita, allontanatevi in fretta. Nel caso di punture multiple, specialmente di Calabrone, è bene portare immediatamente il malcapitato, la cui vita è in serio pericolo, al pronto soccorso.

Alcune specie, essendo normalmente ospiti di pesce marcio e immondizie, sono vettrici di infezioni. Si tratta delle Vespe cartonaie (Polistes gallicus), dall’aspetto smilzo, che costruiscono nidi grigi a forma di cono. Quando occasionalmente si è aggrediti, si consiglia soprattutto di lavare con acqua e sapone e disinfettare prontamente.

In commercio esistono pomate protettive e medicamentose (Fargan, Polaramin, ecc.), la cui azione è molto più efficace dell’aspersione indiscriminata di ammoniaca.

Per evitare di essere punti da vespe e affini, tenete sempre presenti queste semplici regole:

1. Non avvicinarsi mai a muretti a secco, bidoni vuoti, alberi cavi, cavità di ogni genere o case abbandonate da un po’ di tempo, quando vi si scorga una certa attività di vespe o insetti simili. Gli insetti con aculeo pungono quasi esclusivamente nei pressi del nido, ovvero a meno di 4 metri da esso. In tal caso il pericolo è maggiore a causa del gran numero di esemplari presenti e tutti aggressivi.

2. Avvicinarsi con prudenza agli alberi con frutta matura (specie pere, pesche e fichi) e, se siete tentati di mangiarla, esaminatela con estrema attenzione prima di portarla alla bocca: che non vi siano vespe all’interno, in scavi da esse stesse prodotti.

3. Prestare attenzione durante il rancio all’aperto, poiché le vespe sono attratte dal cibo e, se toccate, pungono immancabilmente.

4. Portate sempre guanti completamente chiusi e con polso alto facendo attenzione a  non infilare i piedi  o le mani sopra nidi di vespe.

5.  attenti a non tenere la bocca aperta, dove potrebbero penetrare al volo vespe o altro, anche per questo è consigliabile indossare la maschera integrale o comunque una sciarpa a rete davanti alla bocca.

6. Tener presente che un corpo sudato attira fortemente insetti pungitori (mosche e vespe).

7. Non bere mai da un contenitore opaco (borracce,thermos,lattine), lasciato aperto.

8. Evitate di scacciare con gesti violenti insetti che vi ronzano intorno. E’ consigliabile fare gesti meno rapidi e, in caso vi si posi un insetto addosso, scrollatelo con un colpo secco.

 

FORMICHE

Questi imenotteri non sono pericolosi, ma, soprattutto se ci si sdraia su una colonia, possono dare morsi anche dolorosi.

Tra le varie specie presenti in Italia la formica scientificamente denominata Iridomyrmex humilis,o formica Argentina,è una delle più bellicose; si ritrova frequentemente nel territorio di Sanremo.

Essa costruisce i suoi nidi al riparo presso le abitazioni, sotto le pietre, ai piedi dei vecchi alberi. Al sopraggiungere dell’inverno le colonie numerosissime si nascondono in luoghi riparati, anche in mucchi di terra, fessure di muri, incolti piuttosto sabbiosi, ecc., con centinaia di regine e migliaia di operaie. In primavera si dividono formando svariati formicai distinti.

La specie si distingue dalle altre per una strozzatura tra torace e addome, il peziolo, formata da un solo segmento. Onnivora e prevalentemente notturna, è in grado di diffondere microrganismi patogeni. Il Ponente Ligure è  l’ habitat preferito dalla formica.

É stata segnalata la presenza anche nelle seguenti Provincie: Savona, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Messina, tutte località dal clima particolarmente favorevole, mai distante dalla costa per il forte tasso di umidità di cui abbisognano i formicai.

l’insetto, estremamente vitale è in grado di distruggere ogni altra specie di formica.

Da temere sono anche la formica nera e la formica rossa dei boschi. La prima vive vicino agli alberi o sotto le pietre, ma di frequente si stabilisce anche nelle crepe dei muri delle abitazioni, La formica rossa dei boschi si trova quasi esclusivamente vicino agli alberi, soprattutto conifere come larici e abeti. Il loro morso rilascia acido formico, e provoca irritazione e dolore.

Anche le femmine attere (senza ali) di Mutilla europaea, una formica largamente diffusa in Europa, Italia compresa (con la più alta densità in Sardegna), sono dotate di un aculeo retrattile connesso a ghiandole del veleno e possono pungere occasionalemte l’uomo. In caso di morsi applicate subito un cubetto di ghiaccio (o ghiaccio sintetico) o una garza imbevuta d’acqua fredda sulla zona colpita. Disinfettate con cura la pelle. Eventualmente valutate con il medico il ricorso ad antibiotici, se la lesione non guarisce in poche ore. Il morso può “far passare” germi come streptococchi e salmonelle, che possono provocare infezioni della gola, della pelle o dell’intestino.

 

PULCI

Le pulci non succhiano il sangue per caricarsi di proteine, onde deporre le uova (solo le femmine, ad esempio di zanzara, pungono in questo caso), ma vivono tutte a spese del sangue, che rappresenta il loro unico cibo.

Se gli esemplari sono piccoli si tratta di Ctenocephalides felis, e possono trovarsi oltre che sui gatti, anche sui cani e sull’uomo. Grandi il doppio sono invece Ctenocephalides canis, la pulce del cane e Pulex irritans, la pulce specifica dell’uomo.

Oltre alla peste, di famigerata memoria, possono trasmettere malattie infettive come: il tifo murino (dovuto al germe Rickettsia mooseri) e altre bacillosi, persino la larva cisticercoide di platelminti (vermi parassiti).

Gli ambienti con residui organici sono il cibo ideale per le larve e gli adulti possono esser molto diffusi in zone molto popolate da animali a sangue caldo

Lesioni eventuali sulla pelle sono la risposta da individuo sensibile, per fortuna non ipersensibile, nel qual caso ci sarebbero anche bolle piene di essudato. Il prurito è sempre segno di sensibilità. Nel caso invece che si formi un alone circolare che scompare senza prurito, si tratta di risposta da individuo immune.

 

SCLERODERMA

Imenotteri Aculeati appartenenti alla famiglia dei Betilidi, di aspetto e dimensioni simili a quelli di una piccola formica (2-4 mm), spesso atteri (senza ali), dotati di un sottile aculeo e di ghiandole velenigene, attivi ed agili cacciatori di larve di Coleotteri e Lepidotteri.
Alcune specie dei generi Scleroderma e Cephalomonia sono frequenti nella legna secca in quanto parassitano le larve di Coleotteri (tarli del legno) in essa presenti.

In particolare, la femmina di Scleroderma domesticum si insinua nelle gallerie scavate nel legno dalle larve in questione e, raggiunta la preda, la paralizza con numerose punture velenose.In difetto delle prede abituali, le aggressive ed attivissime femmine di S. domesticum possono pungere l’uomo, sia di giorno che di notte, per lo più nel periodo primaverile-estivo.

Le punture interessano con maggior frequenza le regioni cutanee coperte, sono spesso multiple e provocano un dolore acuto, seguito da una reazione eritematosa locale che si risolve spontaneamente in una decina di giorni. Tuttavia, in soggetti ipersensibili possono aversi manifestazioni di tipo orticario, ed anche una sintomatologia sistemica con febbre, malessere generale, nausea ed irrequietezza che in genere regredisce in un paio di giorni.
Altre specie segnalate come responsabili di punture a danno dell’uomo sono S. abdominalis e Cephalomonia benoiti.

 

CENTOPIEDI E SCOLOPENDRE

Questi artropodi (classe Chilopoda), di cui sono descritte circa 3000 specie, hanno corpo allungato ed appiattito dorso-ventralmente, costituito da un numero variabile di segmenti ciascuno dei quali dotato di un paio di zampe; quelle del primo segmento sono particolarmente robuste e modificate a formare una tenaglia (forcipula). All’apice di tali appendici sbocca il dotto della ghiandola del veleno. Presenti in tutte le zone tropicali, subtropicali e temperate del mondo, vivono di giorno nascosti sotto sassi, tronchi, legname, etc. ed escono di notte per procurarsi il cibo, rappresentato da altri artropodi e, a volte, anche da piccoli vertebrati, che uccidono rapidamente con il veleno.
L’uomo può subire occasionalmente l’attacco di vari chilopodi, tra cui Lithobius, Geophilus e soprattutto Scolopendra, molto diffusa in Europa ed anche nel nostro paese, di dimensioni fino a 25 cm (le specie tropicali), dotata di 21 paia di zampe. Le conseguenze, se il soggetto non è ipersensibile al veleno, sono essenzialmente locali con dolore acuto, edema e, spesso, lesioni di tipo necrotico-emorragico.

I centopiedi non vanno confusi con gli innocui millepiedi (Diplopodi), in genere molto più piccoli (ma non alcune specie tropicali), con il corpo pressoché cilindrico costituito da doppi segmenti ciascuno dei quali dotato di due paia di zampe. Se ne conoscono oltre 7000 specie, in prevalenza vegetariane. Anche ai millepiedi si attribuisce la secrezione di un veleno, ma si tratta in realtà di un liquido prodotto da ghiandole, contenente fra l’altro anche cianuro, che essi emettono da una serie di fori presenti sui lati del corpo per tener lontani i predatori. tale secreto può essere tutt’al più leggermente irritante per la pelle.

 

MOSCHE

Comunissime e molto conosciute da tutti, le mosche sono abbastanza sottovalutate nella loro pericolosità.

Sono nocive essenzialmente a causa del loro modo di nutrirsi, sia che lambiscano i liquidi, attraverso cui trasmettono germi patogeni, sia che suggano il sangue (specie ematofaghe succhiatrici, il cui apparato boccale  provoca morsi dolorosi come ad esempio i tafani).

Alcune specie dopo il pasto rigurgitano parte del cibo ingerito, con conseguente diffusione di germi pericolosi.

Oltre le infestazioni dovute al rigurgito, sono portatrici di salmonella e streptococchi, rickettsia, batteri, stafilococchi e protozoi vari, nonché elminti (vermi), Escerichia coli, ecc., microrganismi trattenuti con facilità da peluria e cuscinetti adesivi con cui si arrampicano. All’uomo possono trasmettere tifo e tubercolosi.

I morsi dei tafani possono provocare un forte dolore, e un notevole prurito, con rigonfiamento e arrossamento della parte interessata; in genere si risolvono in un tempo più o meno breve senza nessuna conseguenza in quanto la loro saliva non contiene gli allergeni presenti nel veleno degli imenotteri e raramente causa reazioni anafilattiche.
Applicate un cubetto di ghiaccio per ridurre l’infiammazione e spalmate una pomata antistaminica sulla cute. Controllate l’evoluzione del ponfo, che dovrebbe ridursi nel giro di poche ore. In caso di shock anafilattico recatevi al più vicino pronto soccorso.

 

RAGNI

In Italia, i ragni, salvo rare eccezioni, sono pressoché innocui.

I Ragni o Araneidi sono solo un Ordine di animali di una Classe ben più vasta, gli Aracnidi, e sono spesso ascritti agli Insetti, dai quali si differenziano nettamente. Mentre i primi possiedono otto zampe e si chiamano perciò Octopodi, gli Insetti ne hanno tre paia, e sono detti anche Esapodi.

I Ragni sono tutti carnivori, ovvero cacciatori: essi soltanto possiedono speciali filiere addominali, con le quali costruire infallibili tele adesive.

In Italia almeno i tre quarti delle mille specie reperibili si distinguono facilmente dal loro aspetto esteriore e non sono per niente pericolose.

È il caso di un grosso ragno chiamato tarantola (Lycosa tarentula) il cui morso pressoché innocuo ha scatenato vere e proprie suggestioni di massa.

È ormai dimostrato che il veleno è semplicemente il mezzo con cui i ragni paralizzano le loro vittime. Dalle Specie Europee non abbiamo quindi nulla da temere. L’eccezione è costituita dalla specie Latrodectus tredecimguttatus , meglio conosciuto sotto il nome di “malmignatta”, o ragno volterrano,

è più comune in Maremma, in Liguria, nel meridione d’Italia e nelle isole, dove spesso le popolazioni locali lo identificano erroneamente come “tarantola”.

Le morsicature  procurano quasi sempre solo gonfiore e un po’ di febbre. In tutti i casi, se avete sulla pelle una macchia rossa e livida che comincia a dolere dopo una mezz’ora, è ragionevole pensare che siate stati morsicati. Si consiglia di spremere bene la parte per la fuoruscita del veleno e di recarsi al pronto soccorso. Potrebbero insorgere dolori addominali, rigidità degli arti, sudori freddi, nausea e angoscia che perdurano due o tre giorni senza altre complicanze.

I casi letali sono rarissimi, tutto dipende dallo stato di salute della vittima e dalle sue incompatibilità.

La malmignatta, imparentata con la famigerata “vedova nera”, possiede un veleno molto più potente del serpente a sonagli, ma le quantità che ci può inoculare sono irrilevanti. Inoltre è abbastanza facile distinguerla ed evitando di toccarla non si corre il minimo rischio.

Essa appartiene alla Famiglia dei Terididi, ragni molto sedentari, poco mobili, che vivono normalmente sotto le pietre, entro incavi rocciosi oppure alla base di vecchi tronchi. Tutto questo discorso si riferisce comunque alla sola femmina della specie, dato che il maschio è privo di un apparato mandibolare sufficientemente robusto. Le sue dimensioni vanno dai 4 ai 15 mm., l’addome è sferico di un nero lucido e intenso, ornato da diverse tacche (solitamente tredici) bianche o rosse, bordate di bianco. Ne esiste anche una varietà del tutto nera.

Altri ragni, quali la Segestria fiorentina (ragno minatore), l’Araneus diadematus (ragno crociato), la Dolomedes fimbriatus (ragno zattera) e soprattutto varie specie di tegenaria (ragno delle case) possono occasionalmente aggredire l’uomo, quando molestate o intrappolate, ma senza altre conseguenze che un dolore lieve e fugace nella sede del morso.

 

I PAPPATACI (Flebotomi)

Questi insettini volanti, sono i possibili vettori del protozoo che causa  la leishmaniosi.

Solo alcune specie sono responsabili della diffusione della malattia nelle zone endemiche del bacino del Mediterraneo (in particolare P. perniciosus, P. perfiliewi e P. major sono i vettori di Leishmania donovani infantum in Italia).

Nel mondo esistono diverse forme della malattia; delle due forme mediterranee, la più conosciuta è la forma cosiddetta viscerale, o Kala-azar, di cui il cane è il contenitore naturale.

Il pappatacio è un insetto che, pungendo soggetti già infetti, la trasmette a soggetti sani. Tale insetto non è precisamente una zanzara, è una creatura molto più piccola e dai cicli vitali molto diversi. Le sue larve, a differenza di quelle di zanzara, non nascono nell’acqua, bensì nelle fessure del terreno (specialmente negli sbancamenti ad una ventina di cm. di profondità), tra gli sterpi misti a terra, nelle fascine, tra la spazzatura, il pietrame, ma anche in cantine sporche e fogne in disuso. Le condizioni ottimali sono: temperatura tiepida e molta umidità. Il loro cibo è rappresentato da residui organici, feci di topo e di rettile, pelli varie. A questo punto però, attenzione: chi trasmette la malattia non sono le larve, ma la femmina dell’insetto adulto.

I flebotomi hanno:

Corpo di colore giallo-pallido o giallo-ruggine, piccolo, lungo circa 2-3 mm (fino ad un massimo di 5), coperto da lunghi e fitti peli; il torace e l’addome formano un angolo quasi retto (ciò che li rende riconoscibili anche ad occhio nudo)

Testa allungata ed inserita sul collo in modo da formare un angolo di 45°

Occhi composti, voluminosi, di colore scuro, situati ai lati della testa (appaiono rotondeggianti se visti di profilo e reniformi dorsalmente)
Palpi (appendici articolate in rapporto con l’apparato buccale aventi funzione sensoriale) pelosi ricurvi;

Proboscide corta e diretta in basso;

Antenne lunghe, pelose, costituite da 16 segmenti o articoli (alcuni di questi fungerebbero da organi di senso);

Ali grandi, pure pelose, di forma subovale.

Si tenga presente che di giorno i pappataci dormono, nascosti nelle fessure umide, nelle stalle e nelle abitazioni che offrano adeguate caratteristiche. L’attività dei pappataci si svolge quasi esclusivamente da giugno a settembre, periodo nel quale possono avvicendarsi due generazioni. Fortunatamente sono esseri molto delicati, la pioggia e il vento li disturbano, costringendoli a nascondersi, inoltre la luce diretta del sole li uccide in pochi istanti.

Mentre i maschi si nutrono di succhi vegetali, le femmine sono ematofaghe (determinando irritazione con la loro puntura) e per questo hanno strutture buccali atte a perforare la pelle dei propri ospiti.

Il pasto di sangue da parte delle femmine si compie generalmente durante le ore notturne, con picchi intorno alla mezzanotte e un’ora prima del sorgere del sole; si parla anche di un picco immediatamente dopo il tramonto.

Una singola puntura può essere indolore ma l’attacco di più flebotomi provoca quasi sempre un certo dolore.
Nel sito dove è avvenuta la puntura può manifestarsi una reazione cutanea locale, pruriginosa, con formazione di una piccola papula (rigonfiamento della cute) che può persistere per alcune settimane.
Conseguentemente alla puntura si può verificare una reazione allergica, soprattutto in soggetti provenienti da zone non endemiche (fenomeno più o meno generalizzato con febbre e cefalea).

Il volo dei flebotomi è molto silenzioso e di breve durata ed estensione.

La femmina quindi, che puo trasportare nell’intestino  il protozoo flagellato (Leishmania donovani infantum),  prima di depositare le uova, come accade alla zanzara, deve fare un pasto completo di sangue. Quando punge un essere umano (specialmente sulle dita), il protozoo, ormai risalito attraverso l’apparato succhiante, passa nel sangue della vittima, quindi nel midollo osseo, nel fegato o nella milza. Poiché il canale succhiante è spesso occluso dai parassiti, per raggiungere la quantità di sangue necessaria, il pappatacio è costretto a pungere più volte.

L’incubazione della malattia avviene generalmente in dieci giorni, ma ci sono casi in cui può mantenersi latente per alcuni mesi e poi manifestarsi d’improvviso. Può dare segni di sé con una semplice febbriciattola con stanchezza e disturbi digestivi, oppure con sintomi netti: febbre costante, irregolare, che non si riesce a smorzare con nessun metodo, pallore cadaverico, gonfiore della milza, diarrea e mancanza d’appetito.

Ci si può difendere dagli attacchi del flebotomo con idonee sostanze repellenti.

 

ZANZARE

La zanzara è alla ricerca di sangue soltanto quando ha bisogno di proteine speciali, per deporre le uova. Sono quindi soltanto le femmine a pungere.

E’ l’ospite stesso l’elemento principale di richiamo: Nella prima fase, alla distanza, sono le concentrazioni di CO2, causate dalla respirazione e dai pori, a generare lunghe scie di bollicine che attraggono infallibilmente gli insetti.

A distanza ravvicinata, anche al buio, è il calore del corpo ad assicurare l’avvenuta intercettazione.

Nel momento della puntura iniettano un gettito salivare che funge da antiemostatico.

Le sostanze interessate sono diverse, a seconda della specie, e non sono veleni, bensì principi vasodilatatori, che rallentano la coagulazione ma nel contempo hanno un’azione irritante, nell’uomo, si hanno infatti reazioni repentine e irritazioni più o meno violente.

L’estrema differenziazione degli agenti irritativi fa sì che persino ceppi diversi di zanzare della stessa specie provochino reazioni nuove, come al primo incontro.

Esistono circa sessanta specie di zanzare in Italia e nuove se ne stanno aggiungendo. Ne esistono di notturne e diurne, viventi in stagioni calde e anche invernali. Sono le ultime arrivate a darci più fastidio, dal momento che l’organismo non riconosce ancora la loro saliva.

Peculiarità di queste nuove specie (soprattutto le Aedes albopictus, dette anche zanzare tigre),  è la possibilità di formare individui anche in un filo d’acqua.

La protezione avviene tramite l’uso di  liquidi repellenti

Per chi teme le famigerate “zanzare tigre”, solo con una buona lente si possono riconoscere le strisce bianche sulle zampine. Se poi si trattasse veramente di Aedes, non deve preoccuparsi più che per altri tipi di insetti pungent, le “tigre” infatti, per attaccare malattie pericolose, arbovirus, ecc., dovrebbero trovare il supporto vivente, malato di tali affezioni. Il pericolo è per ora solo potenziale.

Ci si deve preoccupare quando la reazione è oltremodo violenta e il gonfiore diventa molto rosso e molto esteso. In tal caso potrà esserci, la volta successiva, con il medesimo veleno, qualcosa di veramente allarmante, una sindrome che può persino condurre allo shock anafilattico.

L’infiammazione procurata dalle zanzare può essere lenita con ghiaccio e pomata antistaminica;  mai con ammoniaca, irritante per la pelle.

 

ZECCHE

Le zecche sono Acari e si nutrono di sangue, ma solo tre volte nella loro vita, una per ogni stadio. Avvertono l’avvicinarsi della vittima con uno speciale organo rivelatore, vi si aggrappano, arpionando poi la pelle nel punto più adatto fino a gonfiarsi di sangue.

Normalmente sono parassiti degli animali (cani, topi, uccelli, ovini, animali selvatici, ecc). Occasionalmente anche l’uomo può esserne vittima, soprattutto nei boschi.

Vivono sul terreno, sull’erba. Prediligono i climi temperati e le zone a maggiore umidità.
Si trovano in prevalenza ai margini dei boschi, nelle radure, alla base dei cespugli e vicino ai corsi d’acqua; raramente sopra i 1.500 metri.
Le zecche pungono da primavera ad autunno inoltrato (il periodo critico è quello tardo-primaverile ed estivo), anche se non si possono escludere i mesi invernali.
Vi sono tre principali tipi di zecche che possono dare problemi all’uomo:

la zecca dei cani (Ixodes ricinus); responsabile della menigo-encefalite e dell’atrite infiammatoria (malattia di Lyme), che é abbastanza lenta e predilige i luoghi più umidi, specialmente l’erba.

La famigerata zecca molle dei colombi (Argas reflexus); la sua saliva è fortemente allergizzante e (solo in individui predisposti), può dare luogo ad un mortale shock anafilattico. La sindrome letale può scatenarsi solo in soggetti sensibilizzati da un morso già ricevuto.

La zecca dei cani e dei gatti (Rhipicephalus sanguineus);

La specie è in grado di muoversi molto rapidamente e, non avendo bisogno d’umidità, vive benissimo anche in luoghi asciutti, dove via sia un passaggio anche occasionale d’animali.

La sua attività è prettamente notturna, essa sorprende le vittime specialmente nel sonno, di giorno si aggrappa soltanto all’ospite per raggiungere con lui un nuovo sito.

La febbre bottonosa (o petecchiale), è una pericolosa sindrome dovuta al germe Rickettsia conovi, presente  a volte nella zecca in questione.

È doveroso precisare che non tutte le zecche sono infette e costituiscono pericolo di malattia.

Il morso dell’animale può anche passare del tutto inosservato, con una piccola zona arrossata che compare qualche giorno dopo il contatto. Altre volte causa immediatamente dolore e forte prurito.

Dopo ogni sessione di gioco, al rientro a casa lavatevi accuratamente ed accertatevi dell’assenza di zecche sui vestiti e sul corpo (soprattutto nel torace e nelle zone genitali).

In caso localizzaste lo sgradito ospite, dovete rimuoverlo immediatamente, perchè tanto maggiore è il tempo che resta attaccato alla pelle, tanto più aumentano i rischi di contrarre infezioni.

Come si rimuovono le zecche.
Per evitare gravi infezioni, è inopportuno rimuoverle violentemente.

Prima dell’asportazione è opportuno cospargere la zecca con olio vegetale (va bene anche l’olio di vaselina); attendete qualche minuto quindi afferratela con una pinzetta (tenuta il più possibile vicino al punto in cui la zecca è attaccata) e staccatela compiendo una leggera trazione e contemporanea rotazione in senso anti-orario, evitando di strapparla. Fate attenzione a non tirare il parassita per la parte posteriore del corpo, altrimenti il contenuto del suo intestino potrebbe riversarsi nella vostra pelle tramite la bocca, aumentando il rischio di infezione.

Assicuratevi di aver eliminato la testa della zecca quindi disinfettate con cura la parte morsa ed eventualmente applicate pomate antistaminiche.

 

MALATTIE CAUSATE DALLE ZECCHE

LE ZECCHE POSSONO TRASMETTERE DIVERSI AGENTI PATOGENI RESPONSABILI DI MOLTE MALATTIE DELL’UOMO.TRA QUESTE VANNO SEGNALATE LE SEGUENTI

Borreliosi di lyme:

malattia infettiva provocata da un batterio sensibile agli antibiotici (Borrelia Burgdorferi) di cui sono serbatoi naturali i topi del bosco. Altri animali selvatici (come lepri, volpi, ungulati e uccelli) possono occasionalmente ospitare il batterio e contribuire alla sua diffusione in ambito silvestre.
E’ diffusa nel Friuli Venezia Giulia, in particolare nel Carso Triestino, in alcune aree geografiche dell’Alto Adige, della Liguria e del Veneto. Casi sporadici vengono segnalati in altre regioni

E’ caratterizzata da un arrossamento indolore della cute (che tende lentamente ad espandersi)
attorno alla zona del morso della zecca infetta, con tipico pallore centrale, chiamato eritema cronico migrante (questa lesione compare dopo un periodo di 4-60 giorni dal morso) spesso accompagnato da ingrossamento delle ghiandole linfatiche vicine al luogo del morso e da una sintomatologia simil influenzale con gonfiore e dolore alle articolazioni.Se non viene curata con gli antibiotici la malattia può colpire, in fase tardiva, il sistema nervoso, gli occhi e il cuore; può manifestarsi con sintomi talora gravi, persistenti e, se non curata, assume un decorso cronico.

La terapia avviene con comuni antibiotici che però vanno prescritti dal medico e assunti nelle dosi, con le modalità e i tempi richiesti dall’infezione.
Una terapia iniziata tempestivamente, alla comparsa dei primi sintomi, è garanzia di completa e definitiva guarigione.

Meningoencefalite da morso di zecca  (tbe):

malattia infettiva causata da un virus, non sensibile agli antibiotici, e trasmessa attraverso il morso di zecca. Colpisce il cervello, le meningi e il midollo spinale.E’ caratteristicamente bifasica. La prima fase inizia circa 7 giorni dopo il morso di zecca con una sintomatologia simile all’influenza. Dopo un periodo di benessere che può durare fino ad un massimo di 20 giorni, in alcuni casi inizia la seconda fase caratterizzata da febbre alta e segni di interessamento del sistema nervoso centrale (cefalea, vomito, rigidità nucale, torpore, stato comatoso).

 

GLI SCORPIONI

Non staremo a dilungarci sulla morfologia degli scorpioni in quanto molto tipica e ben conosciuta data la loro diffusione in tutt’Italia.

Il veleno delle specie dell’area Mediterranea è, in un solo caso, paragonabile a quello di un calabrone, nelle restanti specie lo è anche meno.

Lo scorpione teme fortemente l’uomo e lo punge in rari casi, solo se stuzzicato, afferrato con le mani o schiacciato a piedi nudi.

Se occasionalmente accadesse, si produrrebbe soltanto un leggero gonfiore localizzato, risolvibile in breve tempo con impacchi freddi o pomata antistaminica, nei casi di maggior sensibilità.

E’ anche opportuno spremere la pelle per estrarre il veleno.

Sono cacciatori notturni, si nutrono di piccole creature: insetti anche nocivi e millepiedi.

Gli scorpioni sono animali tipici delle zone tropicali e subtropicali. Derivano da antichissime ere, che risalgono a 400-450 milioni d’anni fa, quindi possono considerarsi tra gli esseri più antichi della terra. L’epoca da cui risalgono (Siluriano) fu caratterizzata dal calore e l’umidità, condizione per loro tuttora ottimale, motivo per cui gradiscono restare nascosti, sotto pietre e cortecce. Di notte cacciano, servendosi delle chele e usando il pungiglione solo in casi d’estrema necessità.I piccoli, del tutto bianchi, restano sulla schiena della madre, che li protegge fino alla sviluppo della prima muta.

La Classe a cui appartiene lo scorpione è quella degli Aracnidi, ordinamento molto vasto i cui rappresentanti possiedono 4 paia di zampe (otto in tutto) non hanno ali né antenne e il loro corpo è diviso in due sole parti

Le specie italiane di scorpioni sono abbastanza poche. La più comune, che tutti conosciamo è l’ Euscorpius italicus.

Altre Specie, più piccole, anch’esse con le chele ingrossate all’apice e molto simili all’italicus sono: Euscorpius carpathicus ed Euscorpius flavicaudis , quest’ultimo con zampe e vescicola velenifera giallo translucidi.  Esiste poi l’Euscorpius germanus, o scorpione di Trieste, molto meno noto e, in talune grotte, il Belisarius xanbeui, molto piccolo e abbastanza raro.Circa un’ultima specie, il Buthus occitanus, c’è da dire che si tratta di uno scorpione relativamente pericoloso, riconoscibile per le chele non ingrossate e il colore decisamente rossiccio.  E’ spagnolo ma è stato osservato anche in liguria sulla frontiera italo francese.

Il Buthus provoca una febbre molto alta per almeno due giorni.

 

PROCESSIONARIA

A parte vespe, api e simili, sono pochissime le specie volanti che possono procurare danni seri. Generalmente si crede che le conseguenze derivino solo da punture o morsicature, ma non è cosi.

È il caso della processionaria,indesiderabile presenza delle nostre pinete, molto pericolosa per l’uomo.

Oltre al parassita del pino, esiste anche una processionaria della quercia (Thaumetopoea processionaea), e di entrambe conosciamo abitualmente la larva. Gli adulti della processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa), assolutamente innocui, sono farfalle notturne la cui apertura alare va da 30 a 40 millimetri. Grigie, con tre fascette sinuose sulle ali anteriori e l’addome peloso, gialliccio scuro, sono ben difficilmente riconoscibili tra le numerose falene dai colori smorti.

Il loro ciclo biologico inizia in luglio-agosto,con la deposizione delle uova; verso la fine d’agosto fuoriescono in gruppo le piccole larve che iniziano a formare il nido tra i rami degli alberi, riconoscibile per la forma di grossa pera rovesciata;questo  è completato soltanto alla fine di settembre.

Al sopraggiungere dei mesi freddi le larve, a riposo, formano un unico groviglio compatto. Poi, a primavera, quando all’esterno la temperatura tende a stabilizzarsi sui 6-7 gradi, più o meno verso la metà di marzo, esse ricominciano a nutrirsi abbandonando il proprio pino. Agganciate una all’altra, in processione, si arrampicano sugli alberi vicini, per poi tornare al nido seguendo un filo di seta lasciato precedentemente.

A fine aprile, inizio di maggio, le larve sono mature; abbandonato il nido si dirigono al suolo e s’interrano. Come molti bruchi di farfalla cominciano a tessere un bozzolo intorno a sé, fino a trasformarsi in crisalidi verso i primi di giugno. Il ciclo ricomincia in luglio quando, quasi simultaneamente, dalla terra sbucano le farfalle pronte all’accoppiamento.

Le larve attraversano cinque fasi di crescita, delle quali dobbiamo temere specialmente le ultime tre. In quel periodo nel mezzo di ciascun segmento addominale è presente una fossetta detta “specchio” con moltissimi (più di centomila) peli corti e rossicci, fortemente urticanti. Questi particolari peli contengono una tossina capace di allontanare qualunque animale, uccelli compresi; a causa della loro struttura, che al microscopio appare uncinata e affilata, le irritazioni alla pelle, agli occhi alla bocca o ai polmoni di chi accidentalmente ne venga a contatto peggiorano brutalmente. Si conoscono casi gravi di dermatite e di congiuntivite, con gonfiore agli occhi e pericolose lesioni polmonari. E’ davvero sconsigliabile manipolare un nido o i bruchi in esso contenuti, anche se il loro aspetto può non destare preoccupazione.

Evitate assolutamente di sparare con le ASG ai nidi, se vedete una colonia in movimento non disturbatela.

 

COLEOTTERI

La Lytta vescicatoria (cantaride o mosca spagnola, di colore verde metallico con riflessi dorati, diffusa sulle latifoglie di tutta Europa) è un coleottero di color verde brillante, dalla forma oblunga, lungo circa 3 cm.
Nel corpo di tale insetto e di altri della stessa famiglia è contenuta una sostanza vescicante (provoca l’effetto di leggere ustioni), la cantaridina.

Se questi coleotteri meloidi, accidentalmente, vengono schiacciati sulla cute o su una superficie mucosa, la cantaridina che ne fuoriesce può esplicare localmente la sua azione citolitica, che, se trattasi di cute, resta comunque confinata agli strati epidemici e non lascia cicatrice.

In caso di contatto, strofinare con olio d’oliva e lavare bene con acqua e sapone.

È comune in giugno su frassino, sambuco e salice, delle cui foglie si ciba.

 

COME TRATTARE LE PUNTURE E I MORSI DEGLI INSETTI

In caso di puntura di insetto, un cubetto di ghiaccio avvolto in un involucro di cotone (o una busta di ghiaccio sintetico reperibile in farmacia) e posto sulla zona colpita costituisce il primo provvedimento da adottare. Nella maggior parte dei casi allevia dolore e gonfiore ed in genere è sufficiente. Se si è punti in gola o sulla lingua conviene però andare subito al Pronto Soccorso.

Per il prurito fastidioso e persistente si può ricorrere a creme a base di cortisonici e antistaminici (es.Fargan, Fenistil, Foille Insetti, Polaramin, ecc.); se la puntura causa dolore intenso serve un analgesico orale. Aspirina o altri antiinfiammatori da banco [es. ibuprofene (es. Moment, Nurofen) e diclofenac (Novapirina)] e paracetamolo (Acetamol e Tachipirina) sono le possibili alternative terapeutiche. Al paracetamolo devono dare la preferenza tutti coloro che non possono assumere un antiinfiammatorio (es. le persone che soffrono di ulcera peptica o di asma).

Vi sono inoltre alcune sostanze di uso comune efficaci, ma da usare in fretta, subito dopo la puntura

Aspirina; una delle cose più semplici e più efficaci che potete fare è applicare aspirina sulla zona colpita. Bagnate la puntura, poi strofinateci sopra una compressa di aspirina. L’aspirina neutralizza alcune delle sostanze infiammatorie del veleno. Attenzione: questo trattamento non va applicato a chi è allergico o sensibile all’aspirina.

bicarbonato; applicare sulla puntura una pasta di acqua e bicarbonato di sodio

carbone attivo; una pasta di carbone attivo in polvere e acqua assorbe rapidamente il veleno, per cui la puntura non si gonfia e non fa male. Aprite con precauzione qualche capsula di carbone e fatene uscire la polvere. Inumiditela con l’acqua e applicatela alla puntura. Coprite con garza o anche con un foglio di plastica: il carbone funziona meglio se è tenuto umido.

argilla; se non avete nient’altro sottomano, mescolate un pò di terra argillosa e di acqua fino ad ottenere una pasta fangosa. Applicatela come il carbone, coprite con una benda o un fazzoletto, e lasciate in posizione finché l’argilla non si asciuga.

ammoniaca; a volte l’ammoniaca raggiunge il suo scopo; se funziona, il dolore passa molto in fretta. Distribuitela sulla puntura. Potete comprare in farmacia prodotti in stick che contengono ammoniaca.

 

SHOCK ANAFILATTICO 

Mentre la prima volta che nel nostro organismo viene inoculata una certa sostanza si verifica solo una sensibilizzazione, la seconda volta ci sono delle probabilità, per fortuna non assolute, che si manifesti una reazione letale dovuta a shock anafilattico.

In caso di tale reazione il soggetto potrebbe morire nel giro di pochissimi minuti. La dilatazione dei vasi provoca l’invasione di plasma sanguigno nei tessuti, così che il cuore, diminuita la pressione, batte a vuoto, accelerando. Un segno premonitore da tenere presente è il prurito o formicolio alla lingua, al palmo della mano e sotto i piedi. La persona ha una sensazione mortale d’angoscia. Da un iniziale pallore cadaverico passa ad un colorito cianotico, respira debolmente e suda, con le mani fredde e gli occhi rovesciati e può arrivare anche a collassare.

In questo caso è importante calmare il soggetto, senza suggestionarlo, “corticosteroidi” e “antistaminici” non servono assolutamente a niente; l’unica sostanza capace di salvare la vita del paziente nel giro di pochi attimi è l’adrenalina, iniettata sottocute ai primi sintomi di shock..L’adrenalina è un farmaco insostituibile nel trattamento d’emergenza dell’anafilassi. Fa regredire la dilatazione dei vasi sanguigni periferici, riduce l’edema e l’orticaria, dilata i bronchi, aumenta la forza di contrazione del cuore e inibisce il rilascio di sostanze come l’istamina responsabili delle manifestazioni allergiche. Tali benefici risultano di gran lunga superiori ai possibili effetti indesiderati (aritmie, tachicardia) che sovente hanno scoraggiato il suo impiego in prima istanza.

Se in squadra avete un medico fate in modo che ne tenga sempre una dose nella valigetta del prontosoccorso e tutte le persone a rischio accertato (persone che soffrono comunemente di allergie e di sensibilità alle punture d’insetto) possederne una siringa già carica, preconfezionata, reperibile in farmacia; il kit è formato da una fiala di adrenalina con autoiniettore  resa stabile anche a temperatura ambiente e che pertanto può essere portata sempre con sé. La fiala deve essere conservata al riparo della luce e controllata ogni 15 giorni per verificare che non abbia cambiato colore o contenga precipitati. Il dispositivo consente al paziente di autosomministrarsi il farmaco, mediante una pressione sul lato esterno della coscia. Praticato l’intervento di emergenza, è bene raggiungere al più presto una struttura sanitaria per eventuali ulteriori trattamenti.

Le indicazioni prevedono che il farmaco possa essere impiegato anche da pazienti che hanno già avuto una reazione anafilattica sia da alimenti che da farmaci.

 

COME PROTEGGERSI 

Alcune semplici precauzioni consentono di evitare la maggior dei fastidiosi incidenti causati dagli insetti. La prevenzione diviene tassativa per gli individui ipersensibili. Ecco i provvedimenti da adottare:

evitare movimenti bruschi se l’insetto ronza nei paraggi;

applicare insettorepellenti nelle zone cutanee scoperte, rinnovandoli più volte specie se si suda o ci si bagna.

la combinazione di permetrina (un derivato sintetico del piretro difficilmente reperibile nel nostro paese) o di DEET (es. Autan Extreme) sugli abiti e DEET sulla pelle esposta fornisce una protezione totale nei confronti delle punture di zecche ed è la forma di prevenzione migliore per chi trascorre molto tempo nei boschi di zone a rischio.

 

REPELLENTI SINTETICI 

Per essere efficace un repellente deve possedere un grado di volatilità che consenta il mantenimento di una concentrazione efficace sulla superficie cutanea, senza evaporare troppo in fretta.

Una delle sostanze più efficaci è la  N,N-dietil-3-metilbenzamide (DEET); essa ha un ampio spettro d’azione, è utile contro zanzare, mosche, cimici, pulci e zecche ma non respinge gli insetti a pungiglione quali api e vespe. In Italia la DEET è disponibile in concentrazioni dal sette al 33,5 per cento e in varie formulazioni tra cui lozioni, fazzoletti imbevuti, spray, stick, creme e gel.

In generale il DEET è efficace per 4-6 ore; a concentrazioni maggiori corrispondono protezioni più durature.

Prodotti contenenti il 10-35 per cento di DEET (Autan, Zanzarella, Off, il repellente dei Marines americano e altri) sono sufficienti infatti a garantire una protezione adeguata nella maggior parte delle situazioni.

Vanno aggiunti alcuni consigli pratici tra cui il suggerimento di spruzzare il repellente anche su gli indumenti e l’avvertenza di non applicarlo su oggetti di plastica (anche occhiali e orologi), rayon, pelle e superfici verniciate.evitate il contatto con gli occhi e le ferite aperte. Alle concentrazioni utilizzate il DEET non presenta problemi di tossicità. Chi è allergico può avere problemi di orticaria.

 

FITOREPELLENTI 

I vegetali i cui oli essenziali hanno un effetto repellente sono la citronella, il cedro, il prezzemolo, la menta, la verbena, il geranio, la lavanda, il pino, la cannella, il rosmarino, il basilico, il timo, l’aglio, la menta piperita e il pimento. Per tutti la durata d’azione è limitata nel tempo.
L’olio di citronella, che ha un profumo di limone, è il più usato. I preparati che contengono lo 0,05 per cento di olio essenziale forniscono una protezione di circa 40 minuti (dieci volte meno della DEET al 12,5 per cento). Ciò rende necessario ripetere di frequente l’applicazione; sotto forma di creme, stick o braccialetti garantiscono una protezione più lunga;

Istruzioni per l’uso dei repellenti per insetti

Usare abbastanza repellente da coprire con uno strato sottile la cute senza saturarla
Applicarlo solo sulla cute esposta e sui vestiti, non sulle parti coperte dagli indumenti
Per applicare il repellente sulla faccia, si consiglia di versarlo sulle mani che vanno poi passate velocemente sul viso
Evitare il contatto con gli occhi, la bocca e i genitali; lavare le mani dopo averlo applicato.
Non applicare il repellente su tagli, ferite o cute infiammata, irritata o eczematosa
Non inalare e non spruzzare negli occhi le formulazioni spray
Le applicazioni troppo frequenti sono inutili
Lavare a cute con acqua e sapone una volta allontanatisi dalla zona infestata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti chiusi